La tempesta in un bichier d’acqua di Del Ponte
Forse tutti ricorderanno il libro ‘La caccia’. Sottotitolo: ‘Io e i criminali di guerra’ di Carla del Ponte nel quale, l’autrice ripercorre gli otto anni di caccia a persone che si sono macchiate di delitti orrendi, con accuse che sono arrivate fino a quella estrema di genocidio. Dove, seppur a denti stretti riconosce una sconfitta: “Non sono riuscita a ottenere dalla comunità internazionale l’arresto di Ratko Mladic e Radovan Karadzic, il capo militare e quello politico dei serbi di Bosnia”.
Questo suo libro, messo in giro per tutto il mondo come parte del proprio curriculum prima di intraprendere la strada della diplomazia, in fin dei conti dimostra che,il procuratore del Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia appende la toga al chiodo non nel modo che ogni onesto cittadino di questo mondo avrebbe voluto, ma con un fallimento e con soltanto chiacchiere al vento che tuttora girano nei Balcani.
Nel dichiarare il proprio fallimento, quando dice:”Non sono riuscita a ottenere dalla comunità internazionale l’arresto di Ratko Mladic e Radovan Karadzic, il capo militare e quello politico dei serbi di Bosnia”, Carla del Ponte “dimentica” il suo fallimento più grande; Lei per tanti anni aveva nelle celle del proprio tribunale il criminale numero uno di tutti i mali della ex-Jugoslavia, Sllobodan Miloshevic, accusato di crimini contro l’umanità per le operazioni di pulizia etnica dell’esercito jugoslavo contro i musulmani in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo, e che solo la sua morte naturale(!!) ha liberato dal grave imbarazzo il Tribunale, che il 14 marzo 2006 ha ufficialmente estinto l’azione penale e chiuso senza una sentenza il più importante processo per il quale era stato istituito.
Nel suo libro, Del Ponte, il capitolo 11°,«Kosovo: dal 1999 al 2007», è interamente dedicato ai crimini di guerra che l’Uck albanese avrebbe commesso nella regione contro serbi e albanesi. Come è stato scritto in alcuni giornali (che come fonte delle loro notizie avevano le parole di Del Ponte) i crimini furono particolarmente efferati e le vittime, prima di essere uccise, sarebbero state usate per l’espianto e il commercio internazionale dei loro organi. Carla Del Ponte prese la vicenda molto sul serio e lavorò all’istruzione di un grande processo che avrebbe coinvolto, tra l’ altro, alcuni degli attuali leader del Kosovo indipendente.
Dunque, se per i altri capitoli del libro ormai non si sente più parlare, se non solo perché l’arresto dei criminali di guerra è stato offerto come merce di scambio dalla UE per favorire l’integrazione della Serbia in Europa, il famigerato undicesimo capitolo continua di essere sbandierato da certi gruppi serbi come la prova delle loro ingiustizie fate durante la guerra.
Sono cosi ammagliati dalle parole di Del Ponte, che a forza di scrivere tutti i giorni intorno a questo argomento, ormai non solo la prendono come un fatto realmente accaduto, ma non si risparmiano neanche nel cercare le prove per convincere, se non gli altri, almeno se stessi e Carla del Ponte che tutto quello che lei diceva corrispondeva alla verità.
Pur di raggiungere il loro sogno (e quello di Del Ponte), i serbi non badano alle spese… solo pochi giorni fa, le forze di sicurezza di Kosovo hanno arrestato tre agenti serbi che, approfittando della povertà estrema dei kosovari dopo un lungo periodo di guerra, le offrono cifre enormi per dichiarare il falso in tribunale per quanto riguarda la loro pretesa sull’espianto e il commercio internazionale dei organi fato dagli albanesi.
Ed eco la registrazione con una candid camera di una di quelle “trattative” degli agenti serbi prima del loro arresto che la potrete guardare in questo articolo (in inglese) di New Kosova report: